La proposta di legge firmata Veronesi
Nei secoli scorsi c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale. Ognuno deve avere il diritto di decidere sul termine della propria esistenza
MILANO — Se la morte è il termine naturale della vita umana, di fronte alla possibilità di allontanare questo confine chi deve porre limiti e a quali condizioni? La tecnologia? Le istituzioni? I medici? «Io penso che ognuno di noi ha il diritto di autodeterminarsi e di esprimere cosa vuol fare nel caso si trovasse in condizioni che lo privano della sua identità e dignità. Ognuno deve essere libero di scegliere». E' il senatore Umberto Veronesi a parlare. Il Veronesi medico si ferma di fronte al confine tra vita artificiale e morte naturale. E affida a uno stringato disegno di legge il suo modello di testamento biologico. Il caso Eluana Englaro ha fatto cambiare idea all'ex ministro della Sanità («Non serve una legge, basta il notaio», diceva fino a poco tempo fa). Ora la legge occorre. «Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di volontà», è il titolo del ddl 972 che porta la sua firma. Nove articoli in tutto. Si aggiunge alla decina di altri testi in attesa di giudizio... parlamentare.
«La mia legge — spiega — non riguarda il tema dello stato vegetativo permanente nella sua globalità, ma solo il diritto di ogni cittadino di rifiutare questo modo innaturale di terminare la propria vita. Oggi la decisione di come e quando prolungare l'assistenza è completamente nelle mani dei medici, mentre invece è diritto inalienabile di ogni cittadino decidere se iniziare o quando lasciare il trattamento di sostegno». A Veronesi non piace il termine accanimento terapeutico («E' un controsenso linguistico»). «Compresa l'alimentazione e l'idratazione artificiale».
«In passato—aggiunge il senatore Pd — c'era la paura di morire anzitempo. Oggi c'è quella di sopravvivere oltre il limite naturale della vita, in una condizione artificiale, priva di coscienza e di vita di relazione ». Conseguenza dell'ipertecnologica medicina moderna. Un limbo che «pone la società di fronte a dilemmi sconosciuti alla storia e al pensiero». E che ha portato a un movimento, negli Stati Uniti e in Europa, favorevole alla possibilità di esprimere, in condizioni di normalità e di lucidità mentale, le «direttive anticipate» che i medici devono rispettare «nel caso che un danno cerebrale grave impedisca la consapevole espressione di assenso o di dissenso alle cure proposte». Un movimento che ha scatenato il dibattito tra medici e pazienti, tra laici e credenti, tra politici appartenenti agli stessi partiti.
Per i medici contrari al testamento biologico c'è l'obiezione di coscienza: «E' data la possibilità al medico che ha in carico il paziente di non seguire le indicazioni di volontà anticipate, se questo contrasta con le sue convinzioni etiche, affidando il paziente ad altri medici». E ai veti del Vaticano risponde: «Chi ha fede sceglierà di affidarsi a Dio. O, ancora per fede, rifiuterà trattamenti che potrebbero salvarlo (le trasfusioni di sangue per i Testimoni di Geova). Chi non ha fede, potrà affidarsi ai poteri della scienza medica o scegliere di stabilire dei limiti».Mario Pappagallo
Mario Pappagallo13 novembre 2008
www.corriere.it
1 commento:
"...trattamenti che POTREBBERO salvarlo..."
in questo caso il condizionale è d'obbligo, un medico lo sa bene.
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