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I costi miliardari del possibile default Usa, gigante dai piedi di argilla - il Messaggero
di Flavio Pompetti NEW YORK - Nessuno, ovviamente, se lo augura. Nessuno crede ad un possibile default del colosso Usa. Perché i riflessi sull'economia degli States, oltre che sul suo prestigio internazionale, sarebbero davvero devastanti. In una situazione resa ancora più difficile dalla perdurante crisi dell'occupazione, siamo ormai vicini al 10%, e da un rallentamento del Pil. Insomma, lo spettro del fallimento potrebbe sommarsi a quello di una nuova depressione. Ma cerchiamo di immaginare cosa potrebbe accadere nello scenario più pessimistico. Partiamo dalla situazione attuale. Le riserve di cassa del Tesoro americano sono scese - i dati sono di ieri - a quota 74 miliardi di dollari.
Al passo della spesa corrente, secondo le ultime stime disponibili, questi fondi dovrebbero esaurirsi il fatidico 2 agosto, quando il tetto del deficit di 14.300 miliardi di dollari sarà raggiunto e, fatto ancora più rilevante, nuove emissioni di debito saranno vietate dalla legge corrente.
A quel punto il governo Usa si troverà a dover pagare nel mese di agosto 306 miliardi di dollari. Contro una previsione di entrate di 172,4 miliardi. L'ammanco di cassa - il buco - sarà quindi di 134 miliardi. Se il divieto di piazzare nuovi bond made in Usa non sarà rimosso, ci sarà bisogno di decisioni drastiche, di tagli che si abbatteranno a destra e a manca sui clienti che fanno affari con lo zio Sam e, ovviamente, sui cittadini americani. Ecco come.
Titoli di Stato. Da molti anni ormai i titoli americani e il biglietto verde che li supportano sono il «golden standard» delle transazioni internazionali, un vero architrave di tutto il sistema. Il Tesoro ha in circolazione in questo momento 3.600 miliardi di dollari in buoni sul mercato nazionale (individui, aziende, banche, ma anche Fondi pensione e municipalità locali) e 4.500 miliardi di dollari piazzati all'estero (1.200 nella sola Cina). È noto che il governo darà, nel caso di un default, priorità di pagamento ai 29 miliardi di dollari di interessi che maturano ad agosto, ma se il declassamento paventato dalle agenzie di rating avrà luogo, questa voce di spesa sarà destinata ad aumentare. E di molto.
Spesa sociale. Il conto per agosto è di 99,2 miliardi di dollari. Divisi tra pensioni, polizze mediche per i lavoratori statali e per i meno abbienti. Il presidente Obama e i democratici giurano che gli assegni partiranno puntuali, ma i margini sono molto stretti. E non si sa come e dove, nel breve termine, potranno essere reperite nuove risorse finanziarie.
Difesa. Le fatture dei fornitori in giacenza ammontano a 31,7 miliardi. Se i pagamenti dovessero essere sospesi, ne andrebbe di mezzo, sostengono molti osservatori, la sicurezza dei soldati americani esposti sui fronti di guerra.
Scuola. Da pagare, sempre per agosto, ci sono 21,4 miliardi.
Pubblico impiego. Il conto da saldare è di circa 14,2 miliardi di dollari. Non è mai successo che questi pagamenti fossero ritardati. Ma anche qui sarà necessario uno sforzo di creatività per trovare una soluzione.
Welfare. Tra sussidi di disoccupazione, aiuti alimentari e sanitari, il conto complessivo è di 30,2 miliardi. Ed è proprio qui che si entra in una spirale autodistruttiva. Se i sussidi non verranno pagati, la morsa della disoccupazione che è ora al 9,2% rischia di diventare mortale per milioni di famiglie.
Personale militare. Veterani di guerra e personale in servizio attendono 5.8 miliardi di pagamenti ad agosto. Nessun politico di destra o di sinistra si dice pronto a farli mancare. Nessuno però indica soluzioni.
Le voci come manutenzione stradale, giustizia, servizio postale, agricoltura, lavoro, ambiente, trasporti e ministero degli Esteri, chiudono i capitoli di spesa con altri 58 miliardi complessivi.
Se l'accordo sul debito non verrà trovato in extremis il governo dovrà quindi decidere chi pagare e chi no. Ma i costi di un eventuale default non sono ancora finiti. Resta il debito privato delle famiglie americane, che a giugno ammontava a 13.300 miliardi di dollari, con un'incidenza pro capite che è del 114% superiore al salario annuale. Un eventuale declassamento dei buoni del Tesoro federali, preannunciato con clamore dalle agenzie di rating in caso di un eventuale default, si tradurrebbe in un immediato rincaro nei bilanci delle famiglie, con incrementi nei costi dei mutui, dei prestiti e delle carte di credito.
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=40276&sez=HOME_ECONOMIA&npl=&desc_sez=
Al passo della spesa corrente, secondo le ultime stime disponibili, questi fondi dovrebbero esaurirsi il fatidico 2 agosto, quando il tetto del deficit di 14.300 miliardi di dollari sarà raggiunto e, fatto ancora più rilevante, nuove emissioni di debito saranno vietate dalla legge corrente.
A quel punto il governo Usa si troverà a dover pagare nel mese di agosto 306 miliardi di dollari. Contro una previsione di entrate di 172,4 miliardi. L'ammanco di cassa - il buco - sarà quindi di 134 miliardi. Se il divieto di piazzare nuovi bond made in Usa non sarà rimosso, ci sarà bisogno di decisioni drastiche, di tagli che si abbatteranno a destra e a manca sui clienti che fanno affari con lo zio Sam e, ovviamente, sui cittadini americani. Ecco come.
Titoli di Stato. Da molti anni ormai i titoli americani e il biglietto verde che li supportano sono il «golden standard» delle transazioni internazionali, un vero architrave di tutto il sistema. Il Tesoro ha in circolazione in questo momento 3.600 miliardi di dollari in buoni sul mercato nazionale (individui, aziende, banche, ma anche Fondi pensione e municipalità locali) e 4.500 miliardi di dollari piazzati all'estero (1.200 nella sola Cina). È noto che il governo darà, nel caso di un default, priorità di pagamento ai 29 miliardi di dollari di interessi che maturano ad agosto, ma se il declassamento paventato dalle agenzie di rating avrà luogo, questa voce di spesa sarà destinata ad aumentare. E di molto.
Spesa sociale. Il conto per agosto è di 99,2 miliardi di dollari. Divisi tra pensioni, polizze mediche per i lavoratori statali e per i meno abbienti. Il presidente Obama e i democratici giurano che gli assegni partiranno puntuali, ma i margini sono molto stretti. E non si sa come e dove, nel breve termine, potranno essere reperite nuove risorse finanziarie.
Difesa. Le fatture dei fornitori in giacenza ammontano a 31,7 miliardi. Se i pagamenti dovessero essere sospesi, ne andrebbe di mezzo, sostengono molti osservatori, la sicurezza dei soldati americani esposti sui fronti di guerra.
Scuola. Da pagare, sempre per agosto, ci sono 21,4 miliardi.
Pubblico impiego. Il conto da saldare è di circa 14,2 miliardi di dollari. Non è mai successo che questi pagamenti fossero ritardati. Ma anche qui sarà necessario uno sforzo di creatività per trovare una soluzione.
Welfare. Tra sussidi di disoccupazione, aiuti alimentari e sanitari, il conto complessivo è di 30,2 miliardi. Ed è proprio qui che si entra in una spirale autodistruttiva. Se i sussidi non verranno pagati, la morsa della disoccupazione che è ora al 9,2% rischia di diventare mortale per milioni di famiglie.
Personale militare. Veterani di guerra e personale in servizio attendono 5.8 miliardi di pagamenti ad agosto. Nessun politico di destra o di sinistra si dice pronto a farli mancare. Nessuno però indica soluzioni.
Le voci come manutenzione stradale, giustizia, servizio postale, agricoltura, lavoro, ambiente, trasporti e ministero degli Esteri, chiudono i capitoli di spesa con altri 58 miliardi complessivi.
Se l'accordo sul debito non verrà trovato in extremis il governo dovrà quindi decidere chi pagare e chi no. Ma i costi di un eventuale default non sono ancora finiti. Resta il debito privato delle famiglie americane, che a giugno ammontava a 13.300 miliardi di dollari, con un'incidenza pro capite che è del 114% superiore al salario annuale. Un eventuale declassamento dei buoni del Tesoro federali, preannunciato con clamore dalle agenzie di rating in caso di un eventuale default, si tradurrebbe in un immediato rincaro nei bilanci delle famiglie, con incrementi nei costi dei mutui, dei prestiti e delle carte di credito.
Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo_app.php?id=40276&sez=HOME_ECONOMIA&npl=&desc_sez=
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